Due vicini di casa decidono di cimentarsi in una sfida: vincerà chi per primo riuscirà a realizzare un orto sul balcone. Quali semi potrei piantare? Cosa mi potrebbe servire? Come sarà il meteo nei prossimi giorni? - si chiede l’uno. Al garden center riempie il carrello: 2 tipi di terriccio, 8 vasi, fertilizzante e semi di peperone, zucchina, pomodoro e insalata. Tornato a casa, predispone gli acquisti sul tavolo e riempie tutti i vasi. Il giorno dopo si affaccia al balcone e, con sua grande sorpresa, trova il vicino intento ad innaffiare la sola piantina che ha invasato.
L’altro, non troppo esperto di giardinaggio, si è chiesto “perchè mi serve un orto? perché voglio della verdura fresca. Ok, che verdura voglio?”. Giunto al vivaio, ha letto scrupolosamente le etichette dietro alle confezioni di semi e chiesto consigli sulla coltivazione del pomodoro. Quindi, è tornato a casa felice con il suo terriccio, il suo vaso e i suoi semi di pomodoro.
Sono passati pochi giorni e, mentre le piantine del primo crescono rigogliose, il secondo si è recato al negozio per acquistare un'altra piantina, e poi un’altra ancora. Poi ha compreso di aver bisogno di un certo fertilizzante; quindi, di un piccolo paravento. Ma che fa? - pensa il vicino - tanto vale comprare tutto subito!
Quella notte un grosso temporale allaga le strade e fa calare le temperature. Alla mattina, i due si trovano a fare i conti con l’imprevisto: del primo orto non restano che i vasi rovesciati e distrutti; del secondo qualcosa è andato perso, ma tutto sommato gran parte del lavoro è salvo.
Anche noi, probabilmente, avremmo trovato assurdo e inefficiente il modus operandi del secondo che, volendo creare un orto, si reca di volta in volta al vivaio. In effetti, il primo modo è più logico, se abbiamo chiaro cosa dobbiamo fare e sappiamo che non ci saranno intoppi, ma se a un certo punto capita un imprevisto, ecco che quello stesso modo si rivela inefficace.
Nel secondo caso procedo per step, comprendo man mano la situazione: quanti vasi ci staranno, quali semi è meglio piantare e in che modo. Imparo facendo. Detto altrimenti, applico un approccio agile.
Un approccio che può fare la differenza, ma che richiede lo sviluppo di una mentalità, acquisibile solo permettendo al tarlo dell’incertezza di insediarsi nel nostro pensiero lineare. Di fronte a un progetto ci sembra naturale cercare anzitutto i nessi causa-effetto, necessari a prevedere quante più variabili possibili e applicare la logica del plan the work-work the plan.
Eppure, la situazione attuale ci ha mostrato aziende devastate e altre proliferare sulla base di quanto queste realtà fossero disponibili ad accogliere l’incertezza. Pre-dire, se mai lo sia stato, non è più possibile.
È il febbraio del 2001, quando diciassette project manager si incontrano tra le montagne dello Utah per condividere le pratiche messe in atto per lo sviluppo di alcuni software. L’esito dell’incontro sarà espresso nei 4 punti del Manifesto dell’Agile, dove ad essere importanti sono:
In realtà, questi 4 valori non rappresentano tanto una metodologia o una tecnica, ma un approccio mentale. A fare la differenza è la capacità di accettare l’incertezza non come incidente, ma come necessità e normalità. La capacità di muoversi agilmente, leggendo il contesto e adattandosi flessibilmente ad esso.
A contare è soprattutto l’empirismo, il fare. Nell’agile, l’esperto è colui che impara facendo e che impara sbagliando. L’errore, se gestito, è una forma di apprendimento. Come rendere gestibile l’errore? Riducendolo al minimo, procedendo per piccoli step, tenendo le antenne ben attente a cogliere qualsiasi segnale di modifica da parte dell’ambiente.
Ecco che diventa fondamentale pensare non tanto alla strada da fare, ma al luogo a cui arrivare. L’agile ha una fortissima attenzione al valore, non alla soluzione, non al prodotto. Fissandoci sulla soluzione continueremo a percorrere una certa strada, cercando di scansare qualsiasi possibilità di deviazione. Seguendo la stella polare del valore da creare, la strada potrà anche cambiare, l’importante sarà rispondere al sogno/bisogno, generare valore.
Infine, diventare agili significa sia aprirci all'incertezza e fare, ma anche e soprattutto aprirci agli altri e fare insieme. Superare la logica della competizione (contratto) per entrare in quella della conciliazione, dove le aspirazioni e gli interessi si allineano. Dove si partecipa e non solo si assiste. Dove si collabora nella diversità per pensare fuori dagli schemi e innovare.