È stata questa la domanda che ha dato il via al prezioso contributo di Fiona Buckland, Leadership Coach & Facilitator, in occasione di uno dei nostri #MeetTheFuture con Generali. Una domanda dai confini molto ampi ma di estrema profondità che Fiona ci ha consigliato di “scomporre” in tre livelli:
Da dove iniziamo quando tiriamo in ballo il concetto di fiducia? Dalla fiducia in noi stessi che, seppur intangibile, è un elemento fondamentale per affrontare la nostra quotidianità, infondendo di giorno in giorno un potenziale di trasformazione. Per costruirla e rafforzarla, dobbiamo far luce anche sui nostri punti “ciechi”, sulle nostre ombre e sulle nostre vulnerabilità, non avendone paura ma dando ad essi una posizione ordinata all’interno di quello che siamo. Individuare il nostro profilo a tutto tondo, per riuscire a capire e ad esprimere al meglio ciò che rappresentiamo e per entrare in contatto con l’altro.
È la sfera della fiducia che chiama in causa la nostra capacità di relazionarci con gli altri, per la creazione di una rete di rapporti significativi e basati sulla reciproca crescita. In questo caso, dobbiamo considerare anche una sfumatura di impronta sociale, che potremmo definire come “insita” in ognuno di noi. Non sarebbe strano vedere qualcuno che ci controlla al ristorante, da quando entriamo a quando mangiamo, per assicurarsi che poi pagheremo davvero il conto? E se lo stesso accadesse nel nostro negozio preferito? Non avviene perché la fiducia sociale è un collante invisibile che ci lega gli uni agli altri, in modo inevitabile ed indissolubile, e ci fa sentire al sicuro. Fa parte dei nostri bisogni emotivi essenziali.
La fiducia nelle organizzazioni è quella che potremmo definire anche come “fiducia sistemica”. Abbiamo dovuto attingere a questa fonte soprattutto negli ultimi due anni, condizionati dai cambiamenti derivati dalla pandemia e dalle conseguenti distanze “forzate”. Dall’ambito lavorativo (pensiamo allo smart working!) a quello sanitario, a quello politico e sociale, sia nazionale che internazionale, abbiamo dovuto impegnarci in uno slancio di fiducia, per poter dare un’opportunità al futuro, benché non sempre rassicurante. Fidandoci, abbiamo dato valore al tempo, ai passi in avanti e all’orizzonte di progettualità che ci si prospettava – e ci si prospetta – davanti, affinché anche i traguardi più sfidanti possano essere raggiunti partendo da piccoli grandi passi.