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La fiducia è (anche) questione di chimica

Scritto da We Wyde | 30 mag 2022

In ogni tipo di relazione, da quelle personali (famiglia, amicizia, amore) a quelle professionali, a quelle che stringiamo in modo estemporaneo (andare dal medico, chiamare un taxi,…), la fiducia rappresenta la base fondamentale per sentirci bene, per connetterci con gli altri e creare processi reciprocamente generativi.

Sono tante le imprese e le organizzazioni con cui ci confrontiamo per sondare, analizzare e comprendere insieme quali siano gli strumenti da affinare e le prospettive su cui focalizzarsi per rafforzare le relazioni di fiducia, incentivando il senso di responsabilità e l’efficienza dei team, a partire da ogni singolo individuo.

Una chiave di lettura ulteriore ci viene offerta dalla neuroscienza: una ricerca sull’ossitocina portata avanti da Paul J. Zak – direttore e fondatore del Center for Neuroeconomics Studies e docente di Neuroeconomia, la scienza da lui inventata che incrocia neuroscienze ed economia – ha dimostrato che questa sostanza chimica oltre a facilitare la collaborazione, può essere una componente imprescindibile nella creazione di una cultura della fiducia

Misurando i livelli di ossitocina delle persone in risposta a varie situazioni, prima in laboratorio e poi sul posto di lavoro, Zak ha identificato otto comportamenti che stimolano la produzione di ossitocina e generano fiducia:

  1. Riconoscere l'eccellenza.
  2. Indurre lo "stress da sfida".
  3. Far sentire le persone capaci di portare avanti il proprio lavoro 
  4. Incoraggiare la creatività, oltre gli schemi e i “job titles”.
  5. Condividere le informazioni.
  6. Costruire le relazioni.
  7. Favorire la crescita dell’individuo in qualità di persona.
  8. Non nascondere la vulnerabilità.

 

Fiducia e biologia

Assieme al suo team di esperti, Paul J. Zak ha condotto un esperimento denominato “Il gioco della fiducia”, secondo cui due sconosciuti sono invitati a scambiare delle somme di denaro, con una misurazione istantanea del livello di ossitocina prodotta durante lo scambio. 

I risultati hanno dimostrato che più denaro le persone ricevono – scelta derivata da un livello più alto di fiducia da parte del mittente – più nel cervello del ricevente aumenta la produzione di ossitocina, con una maggior probabilità che egli stesso possa condividere denaro con chi, in prima battuta, ne ha inviato. I casi che si sono discostati da queste evidenze hanno riguardato in percentuale molto bassa soltanto individui incapaci di produrre ossitocina.  

Le ricerche sono poi proseguite con l’obiettivo di individuare i fattori che promuovono o inibiscono questa sostanza chimica. Ovviamente lo stress rappresenta un potente inibitore dell’ossitocina, diminuendo la capacità e la propensione al confronto e ad un approccio costruttivo. Lo stesso vale per il testosterone che, in natura, stimola alla diffidenza e talvolta all’aggressività, per difendersi nelle situazioni di pericolo. 

Tuttavia, quando un manager assegna ad un team un lavoro impegnativo ma realizzabile, l’approccio di “sfida” rispetto al raggiungimento dell’obiettivo favorisce il rilascio di sostanze neurochimiche, tra cui ossitocina e adrenocorticotropina, che intensificano la concentrazione e rafforzano le connessioni sociali. Questo, però, funziona soltanto se le sfide sono raggiungibili e atterrano su un punto di arrivo concreto. Al contrario, obiettivi vaghi o, addirittura, impossibili inducono le persone a rinunciare prima ancora di iniziare. Compito del buon leader è tenere a mente e monitorare con costanza il “bisogno di raggiungibilità”, valutando sia i progressi sia le criticità del proprio team. 

 

La fiducia è il motore del lavoro

Con la fase di studio nelle aziende, l’analisi si è spostata direttamente sul campo di interesse con il fine di misurare la quantità di ossitocina e stress, verificando attinenze, possibili divergenze, benefici e risultati effettivi. Nel 2016 è stata effettuata una ricerca, prendendo come campione 1095 lavoratori statunitensi: i dipendenti delle società “ad alta fiducia” sono risultati più coinvolti, più produttivi e con minor “burnout” rispetto alle loro controparti “a bassa fiducia”.

In particolare hanno mostrato:

  • 40% in meno di probabilità di rischio di “burn out”;
  • 74% in meno di stress;
  • 60% in più di gradimento del proprio lavoro;
  • 106% più energia sul lavoro.

In conclusione, sia a livelli macro (Stati) che a livelli micro (aziende), è stato dimostrato che, percependo un clima di fiducia, ognuno di noi si pone in una posizione più aperta, di scambio, di condivisione per far dono della propria esperienza, confrontandosi con l’altro per un arricchimento comune. Da ciò deriva un aumento dell’efficienza, della produttività e, di conseguenza, della soddisfazione del risultato, creando un flusso di positiva costruzione e benessere. 

 

Costruire la fiducia

Gli accadimenti degli ultimi due anni, fortemente condizionati dall’emergenza pandemica, hanno causato l’ampliamento delle distanze, sia fisiche sia come approccio nel modo di lavorare, dialogare, relazionarsi. Abbiamo accumulato emozioni di paura, diffidenza, incertezza e distacco con il pensiero di doverci “difendere”, riducendo così i livelli di ossitocina e, di conseguenza, di fiducia. 

Come sottolineato dagli studi di Paul J. Zak, però, ognuno di noi può volontariamente elevare i propri livelli di ossitocina e indurne la produzione in chi ci sta vicino. A tal fine, dobbiamo per primi agire con atti di fiducia e generosità, assumendoci sia il rischio che qualcuno possa non fare altrettanto, sia il merito quando questo accade, delineando nuovi mondi possibili. 

Possiamo individuare dei comportamenti che aiutano a costruire fiducia all’interno delle nostre organizzazioni, pilastri fondamentali anche del concetto stesso di “leadership illuminata”:

  • avere competenza: conoscere l’ambito in cui si agisce;
  • avere comprensione: prestare attenzione agli altri e alle loro esigenze;
  • avere integrità e correttezza: scegliere l’onestà e l’equità come elementi indispensabili;
  • essere coerenti: tenere fede ai propri impegni e alle promesse, dimostrando coerenza tra il dire e il fare.