Intervista di Gregorio Di Leo a Morena Marinoni, Talent, Training and Development Manager di Asset and Wealth Management di Gruppo Generali
“Veniamo da un mondo nel quale la prospettiva di carriera si manifestava anche attraverso alcuni simboli di “potere”, che potevi ritrovare nel fatto di avere o meno un ufficio singolo, nelle dimensioni dell’ufficio (con una, due o tre finestre), nel numero di persone presenti nel team e nel diritto ad avere una pianta e una bottiglia di acqua sulla scrivania. Oggi non andiamo più in ufficio, ben presto non avremo più scrivanie assegnate e vengono meno i simboli dello ”status” gerarchico.”
In questa intervista Morena Marinoni, Talent, Training and Development Manager di Asset and Wealth Management di Gruppo Generali, mi guida nel suo percorso mentale su che cosa voglia dire avere uno spirito autoimprenditoriale e quali sono le competenze fondamentali per lavorare in un contesto sempre più fluido e complesso.
Ho conosciuto Morena qualche anno fa attraverso Laura Leggeri, HR Manager in De Agostini, e se guardo indietro alle cose che abbiamo progettato e realizzato insieme al suo team in appena due anni mi sembra siano passate almeno un paio di vite. Con Morena è così, chi si ferma è perduto.
“Con la pandemia, la dimensione dell’auto imprenditorialità del singolo ha avuto una grande spinta, perché da un momento all’altro alle persone a tutti i livelli è stato richiesto di auto organizzarsi. E anche se questa spinta alla flessibilità e all’autonomia era presente già da tempo, oggi è chiaro a tutti che non si potrà tornare indietro.
Cambia il ruolo dell’azienda, ma cambiano anche le competenze che sono richieste per lavorare in un contesto sempre più complesso. Perché se da una parte non c’è più l’azienda mamma che ti accompagna passo passo, sia nel tuo piano di carriera, sia nella quotidiana organizzazione del tuo lavoro, dall’altra parte alle persone è richiesto di essere molto più consapevoli e responsabili.”
Chi si trova meglio nel nuovo contesto?
Stiamo andando a una velocità incredibile. Un elemento importante per il futuro sarà la capacità delle persone di mettere in discussione le proprie abitudini e di avviare dei reali percorsi di continuous learning.
Molte delle cose che stiamo sperimentando oggi le potevamo fare anche prima, ma il vero ostacolo è che dovevamo cambiare le nostre abitudini. In questo, la pandemia è stata un grandissimo acceleratore.
Coloro che si troveranno meglio nel futuro saranno le persone con approccio curioso nei confronti della complessità e che avranno la capacità di prendersi cura degli altri.
La curiosità è la capacità di guardare la complessità affrontandola con uno spirito positivo. Il care è invece quella dimensione di ascolto che ha il potere di trarre fuori dagli altri.
Consapevolezza, responsabilità, curiosità, coraggio, capacità di prendersi cura degli altri sono gli ingredienti di un mindset realmente auto imprenditoriale.
Questi sono approcci al lavoro molto diversi da un passato nel quale l’azienda poteva essere molto più attenta al rispetto della gerarchia e dei processi decisionali verticistici, rispetto a oggi, dove invece si richiede di prendere decisioni operative a tutti i livelli lavorando sempre più per obiettivi.
Quali sono secondo te gli ostacoli maggiori nel facilitare questo passaggio?
Se ci concentriamo sulla situazione italiana, io vedo delle differenze in termini culturali rispetto ad altri paesi.
Mi viene da dire che c’è un problema di mindset già a partire dal sistema scolastico, perché ci abituano al “compito da fare” e non a costruirci un percorso.
All’estero, c’è una maggiore richiesta di responsabilità già nel sistema scolastico.
Per entrare ad Harvard, per esempio, oltre a una serie di conoscenze specifiche è richiesto di aver fatto sport ad alto livello e di avere alle spalle esperienze significative di volontariato.
Il percorso scolastico guarda e si nutre di esperienze diverse sotto il profilo personale. In Italia, siamo ancora fermi ad una concezione di formazione legata alla vecchia idea di accumulo di conoscenze.
Questo approccio spesso porta a non essere abituati a prendere decisioni e a farsi fermare dal timore di sbagliare, ad evitare, quindi, di assumersi responsabilità preferendo posizionarsi all’interno di “un’area di confort” dove eseguire risulta più semplice della “fatica” di essere propositivi.
Cosa state facendo in azienda per nutrire lo spirito auto imprenditoriale?
Stiamo portando avanti tutti i progetti legati al continuous learning, per cui le persone scelgono cosa seguire in base a ciò che vogliono imparare in termini di soft e technical skills.
Questo è un vero cambio di paradigma perché vuole dire rovesciare completamente la responsabilità del processo di apprendimento.
Non è più l’azienda che dice che cosa devi fare, ma sei tu che devi crearti la strada per la tua crescita.
L’azienda mette a disposizione delle opportunità di apprendimento, delle esperienze, dei tools, una “cassetta degli attrezzi”, ma poi è il singolo che sceglie.
Un percorso bellissimo che abbiamo costruito insieme a Wyde-The Connective School è il Meet the Future.
Già il nome è significativo perché fa riferimento all’idea di incontrare il futuro.
Questo progetto è nato dal fatto che questo periodo è una grande occasione da non perdere. Vogliamo costruire un nuovo modo di lavorare, più efficiente, più vicino a necessità delle persone, più umano.
Siamo di fronte a una rivoluzione nel mondo del lavoro, in cui siamo attori protagonisti. Credo che abbiamo il dovere di contribuire a costruire nuova modalità di lavoro per il futuro, per noi e per i nostri figli.
Meet the Future vede la partecipazione di moltissimi ospiti: artisti, filosofi, manager, imprenditori, architetti…
È uno spazio di pensiero in cui interrogarci su diversi temi e su cosa ciascuno può fare nel proprio piccolo per agire una trasformazione che vada nella direzione giusta.
La cosa che mi piace molto è che siamo partiti destinando il progetto solo alla fascia manageriale e poi l’abbiamo aperto a tutti. Il cambiamento è in mano ad ognuno di noi, non solo ai manager.
Da allora, io trovo che l’energia che questa attività sta generando si sia moltiplicata perché in questo modo ognuno è chiamato a dare il proprio contributo, non solo i manager, se no torniamo a un vecchio modello.
Questi momenti di pensiero, riflessione e attuazione (perchè poi alcune cose le scarichiamo a terra), anticipano quelle che saranno le regole formali, ma noi abbiamo deciso di muoverci in anticipo.
L’altra iniziativa che stiamo portando avanti è legata a dei seminari di wellbeing. Oggi le aziende non possono più prescindere dal tenere in considerazione il benessere delle persone.
In questo senso, c’è una presa in considerazione dei dipendenti in modo più integrato, e quello che sta emergendo è che tutti sono portatori di istanze personali che l’azienda è chiamata ad integrare nella vita di tutti i giorni.
Anche in questo caso credo che il nostro ruolo sia quello di offrire delle opportunità.
Per questa ragione abbiamo sviluppato attività anche sul tema della genitorialità e dell’alimentazione, insieme ad una attenzione sempre più focalizzata sul singolo.
Morena, che cos’è che ti fa alzare la mattina ed essere sempre così carica di energia?
L’apprendimento è una cosa che a me piace molto, sono sempre stata curiosa di capire come funzionano gli esseri umani e come cambiano i gruppi e le organizzazioni a seconda del contesto.
Dall’altro lato, mi piacciono le sfide, mi piace costruire cose nuove e sono attratta dal poter guardare in avanti.
La verità è che quando entro nella routine mi annoio.
Questa pandemia mi ha dato un’energia rinnovata, ha costretto anche me ad abbandonare alcune abitudini che davo ormai per scontate e rimettermi in gioco. E ho già in mente un po' di idee per il futuro.
L’importante è non fermarsi mai.
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Scritto da
Gregorio Di Leo
Co-Founder Partner Wyde - Psicologo del lavoro e delle organizzazioni, esperto di Leadership e Risorse Umane, coach formato al CTI di Londra, accompagna individui, team e organizzazioni a svilupparsi e connettersi con il futuro. Nel 2020 è stato selezionato come "pioniere" dell’Economia Circolare dalla prestigiosa Ellen McArthur Foundation.