Il potere delle narrazioni: conoscere i team nelle loro storie


Nei contesti aziendali, le storie rivestono un ruolo fondamentale nell'analisi e nella comprensione di persone, team, culture. Una storia può essere uno strumento utile per coinvolgere emotivamente un pubblico, trasmettere concetti o valori importanti, veicolare efficacemente la visione e gli obiettivi di un’azienda. Ma attraverso le trame e le scelte narrative, una storia può anche portare alla luce le dinamiche implicite interne a un team (i suoi meccanismi consolidati, le relazioni di potere, i suoi schemi comportamentali) e, così facendo, diventare un strumento prezioso per sviluppare consapevolezza e visione condivisa delle sfide, delle risorse, delle aree di forza e di miglioramento. Per arricchire il tessuto relazionale e promuovere la crescita e lo sviluppo individuale e collettivo.

Le storie rappresentano quindi un filo conduttore, un ponte che collega esperienza e apprendimento. Un viaggio di scoperta, un'opportunità per esplorare le sfumature delle relazioni umane. Per comprendere come stiamo dentro le cose che facciamo. 

Prima ancora che con la parola scritta, le esperienze di vita venivano raffigurate sotto forma di disegni, seppur rudimentali, od oralmente, a testimonianza del fatto che sembrava quasi impossibile per l'uomo “non narrare”. La parola stessa narrare, dal punto di vista etimologico, deriva dall'unione di una radice, gna, che si traduce con “conoscere, rendere noto”, e dal suffisso -zione, che in latino veicola l’agire (far conoscere attraverso l’azione di raccontare), ma anche la relazione, in generale, che si viene a creare tra le diverse parti che interagiscono. 

Comprendere (in prima persona), e poi comunicare (all’altro): così potrebbe riassumersi, in maniera molto semplificata, l'utilità della narrazione. Si pensi ai miti, antiche e complesse narrazioni sacrali, che attraverso la rappresentazione di storie simboliche, fornivano spiegazioni in merito all’inspiegabile, interpretazioni sull’origine del mondo, ma anche in merito ai valori fondanti di una particolare comunità, e così facendo, ne alimentavano la memoria collettiva. 

Attraverso la costruzione di storie facciamo creazione di senso e significato

Da qui, l’importanza delle storie nel veicolare conoscenza. Considerare questa come l’unica funzione delle storie, però, sarebbe riduttivo. Quando ci troviamo di fronte a una storia, infatti, siamo sempre di fronte a più livelli di interpretazione/analisi. 

narrazioni e storie per la formazione

Un primo livello è quello “letterale”. A questo livello, i fatti si prendono per quello che sono, non si fanno deduzioni di alcun tipo. Poniamo il caso di una storia nella quale viene raccontato che:

“aveva lasciato il lavoro tre mesi prima e da allora non aveva più visto nessuno dei suoi colleghi. Quella sera Laura andò alla festa ma, una volta arrivata, in preda a un forte mal di pancia, tornò a casa”. 

Se ci fermassimo a questo livello, potremmo pensare che è proprio a causa del mal di pancia che Laura è tornata a casa dalla festa. Se però ci spingessimo un po’ più in là, cogliendo il non detto tra le righe o le circostanze di contesto, potremmo anche supporre che il mal di pancia di Laura non sia semplicemente una causa, ma il sintomo di qualcos’altro. Forse l’ultimo rapporto di lavoro non si è chiuso bene per Laura, forse alla festa ci sono dei colleghi che non vuole incontrare, forse il mal di pancia è conseguenza di tutto ciò. [O forse no. Ma c’è una possibilità che sia così. Il margine di interpretazione è quindi molto ampio e bisogna certamente prestare attenzione a non incorrere in deduzioni troppo avventate.]

Ecco, in questo caso staremmo operando a un secondo livello di interpretazione, che potremmo definire “metaforico. Qui, l’analisi si muove tra le righe di una storia e considera ogni elemento utile a rendere esplicito, l’implicito. 

Visibile, l’invisibile. 

La caratterizzazione dei personaggi, la scelta di determinati luoghi, la descrizione di spazi aperti e liberi o angusti e stretti, l’utilizzo di tempi lunghi e dilatati o brevi e cadenzati; tutto, volendolo leggere, si presta a comunicarci altro dal suo significato primario. Ricordo che quando, per la mia tesi triennale, esaminai un romanzo breve di Cassola, potei addirittura scrivere un capitolo intero sul modo in cui i due protagonisti dormivano e su come la descrizione del loro non verbale evidenziasse alcuni tratti peculiari (e comportamenti) dell’uno e dell’altro personaggio, decisivi nel determinare la loro relazione disfunzionale. 

Insomma, volendoli - e sapendoli - leggere, è possibile trovare significati dietro ogni scelta narrativa che sta alla base di una storia. 

Ma c’è dell’altro. 

Se invece che esaminare la storia, ossia l’output del processo creativo, analizziamo il processo di scrittura della storia e il modo in cui gli individui e i team stanno (cognitivamente ed emotivamente) in questo processo, ecco che accediamo a un terzo livello di analisi, “meta-narrativo”. Ed è proprio a questo che abbiamo pensato quando abbiamo progettato un’esperienza che, attraverso il processo creativo di scrittura delle storie, aiutasse un team a indagare il suo stato di salute, le sue dinamiche implicite ed emotive, il suo potenziale trasformativo. 

“Il vostro obiettivo è scrivere una storia. Siete in un bosco all’alba. Ci sono un uomo, una donna, un bambino. State cercando qualcosa che è importante per voi. Avete 2 minuti per scrivere l’intro. Poi il Master vi indicherà come proseguire.”

Divisi in gruppi, i partecipanti cominciano a scrivere le loro storie. I confini della narr-azione sono prestabiliti, il gruppo deve “solo” portare a chiusura la storia (in questo caso non ci interessa analizzare le scelte narrative). Che detto così, sembra abbastanza facile. 

A ogni step, i gruppi affrontano la sfida che il Master propone: una volta è quella di prendere un'importante decisione, un’altra di inserire un personaggio, un’altra ancora di introdurre un oggetto dandogli una connotazione diversa dall’ordinario. 

A un certo punto, il Master comincia a giocare: chiede ai gruppi di scegliere delle persone e… ora affida a queste la responsabilità di una scelta, ora le esclude dal gruppo e le inserisce in un altro. Gli imprevisti aumentano, il gioco si fa difficile. Poco a poco, la storia prende forma. E il gruppo cambia la sua fisionomia. Si arriva alla fine. Il Master legge le storie tra le risa e gli applausi delle persone divertite (e sorprese) dalle trame esilaranti che sono riuscite a immaginare. Terminata l’attività, lo spazio si apre alle riflessioni.

 

Come valorizziamo il contributo di ciascuno? Come ci organizziamo di fronte a un obiettivo sfidante (scrivere una storia in tempistiche brevi)? Come prendiamo una scelta/decisione importante insieme? Come gestiamo il processo creativo/di brainstorming? Come ci mettiamo d’accordo quando ci sono tante idee? Come ci sentiamo e come reagiamo quando una decisione importante viene presa da qualcun altro e magari per noi non è la scelta migliore? Come gestiamo l'acquisizione o la perdita di una risorsa? Come ci sentiamo quando ci viene tolto un progetto? E quando dobbiamo portare avanti il progetto di qualcun altro?

 

Stimolate dalle giuste domande, le persone rivivono l’esperienza cogliendo come sono variati i loro stati d’animo, quali emozioni hanno provato. Alcuni, ripensandosi, scoprono risorse di sé fino ad allora inesplorate, altri ne trovano conferma. Molti scoprono qualcosa di inaspettato dei loro colleghi: “di solito non parla, oggi ha partecipato e portato un sacco di idee” o “solitamente parla molto, invece oggi rimaneva spesso in silenzio” sono tra i commenti più gettonati. Facilitando conversazioni generative, accompagniamo il team ad acquisire maggiore consapevolezza delle sue risorse, dei suoi meccanismi di funzionamento, delle sue sfide, dei suoi margini di miglioramento e sviluppo. 

Ci sono persone che ci salutano felici di aver ritrovato, giocando, un rinnovato senso di squadra e appartenenza o una grande collaborazione all’interno del gruppo. Altre, stimolate da questa ricerca di senso, non vedono l’ora di rimettersi in gioco, approfondire in che modo quei legami possono essere rafforzati. Si portano a casa risposte; molto più spesso, domande. In ogni caso, si va via diversi, trasformati.

Perché la scrittura di storie non è solo una metodologia; è un'esperienza che cambia. Perché nelle parole, nelle storie che raccontiamo e condividiamo, risiede il seme della nostra potenziale fioritura.

 

Scritto da

Miryam Depalo

.